Un Paese più resiliente e competitivo con la trasformazione digitale
Non pretendiamo che le cose cambino se continuiamo a farle nello stesso modo. La crisi può essere una vera benedizione per ogni persona e per ogni nazione, perché è proprio la crisi a portare progresso (A. Einstein, 1955)
Questi ultimi due anni hanno ribaltato completamente le abitudini di vita delle persone e anche i paradigmi economici costruiti nell’ultimo decennio e sui quali si stava consolidando la vita di molte aziende. Ciascuno di noi ha gestito in modalità digitale molte attività, spostando le proprie preferenze verso l’e-commerce, l’intrattenimento, l’istruzione e il lavoro online.
Il nostro Paese sta superando con fermezza e grande resilienza la severa crisi mondiale derivante dalla pandemia Covid-19. Secondo la Relazione sullo stato di attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), presentato dal Governo lo scorso 23 dicembre 2021, l’Italia sta rispettando il cronoprogramma e i traguardi previsti per la fine del 2021, in vista della rendicontazione alla Commissione europea. Il PNRR rappresenta un’opportunità imperdibile di investimenti e riforme per il nostro Paese per riprendere un percorso di crescita economica duraturo e sostenibile, rimuovendo gli ostacoli che ne hanno bloccato lo sviluppo negli ultimi anni.
Tra le sei Missioni definite nel Piano, la prima, a cui è destinato il 27% delle risorse, riguarda i temi della Digitalizzazione, Innovazione, Competitività e Cultura, in quanto la transizione digitale, insieme alla transizione verde, sono considerate da più parti le ‘transizioni gemelle’, ovvero “trasformazioni profondissime e non più rinviabili, che ci consentano di sviluppare le nostre società nel segno della sostenibilità”, come affermato dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in uno degli ultimi interventi del suo primo mandato.[1]
Al riguardo si segnala che l’edizione 2021 dell’Indice di digitalizzazione dell’economia e della società (DESI), pubblicata a novembre 2021, colloca l’Italia al 20º posto fra i 27 Stati membri dell’UE[2] , riconoscendo la forte accelerazione nell’adozione di importanti piattaforme abilitanti per i servizi pubblici digitali da parte delle pubbliche amministrazioni effettuata negli ultimi due anni e prevedendo che le riforme previste dal PNRR daranno un ulteriore impulso alla digitalizzazione dei servizi e alla modernizzazione della pubblica amministrazione in tutto il paese.
Parimenti, è evidente che – complice anche l’emergenza sanitaria e i provvedimenti per contenere la diffusione del contagio, che hanno inciso sulle abitudini di pagamento di famiglie e imprese – si è intensificato in modo persistente il ricorso alle modalità elettroniche di pagamento.
Secondo i dati del Politecnico di Milano i pagamenti con carte, app e altri strumenti tracciabili nel 2021 sono arrivati a quota 327 miliardi, in aumento del 22% su base annua, e hanno visto crescere fino al 38% l’incidenza sui consumi delle famiglie.
Sul cashless fa leva, come detto, anche il PNRR, che punta sui pagamenti elettronici tra gli strumenti necessari per avere un Paese più equo, onesto e resiliente a futuri shock di sistema, in quanto consentono di ottenere importanti benefici in termini di maggiore sicurezza delle transazioni, riduzione dei costi del contante – non così evidente ma di importante impatto sul PIL – emersione dell’economia sommersa e nuovo stimolo ai consumi e al commercio.
Il costo del contante è stimato in 7,4 miliardi di euro l’anno (0,44 per cento del PIL),[3] ed è connesso alla produzione, distribuzione e sicurezza delle banconote (comprendendo, ad esempio, anche la sicurezza degli operatori, la vigilanza, le assicurazioni, i sistemi antifalsificazione).
Tale costo non è evidente e percepito dal cittadino perché incluso nel prezzo del servizio/prodotto o del tributo che viene pagato. Da questo punto di vista, invece, i pagamenti elettronici offrono una maggiore trasparenza, in quanto la commissione/costo applicata/o è palese; ciò porta alla diffusa “illusione” che pagare cashless sia più oneroso per l’impresa e l’utente finale.
Al fine di contrastare il sommerso e facilitare l’uso degli strumenti di pagamento elettronici il Governo ha emanato il cosiddetto decreto “PNRR 2”, che anticipa al prossimo 30 giugno le sanzioni per gli esercenti che rifiutino l’uso del Pos e impone la trasmissione quotidiana dei dati sulle transazioni pagate con moneta elettronica. Secondo le stime della Cashless society-The European House Ambrosetti, le azioni del PNRR, che prevedono quattro aree di intervento (Pa, sanità, turismo e trasporto pubblico locale) potrebbero generare transazioni elettroniche per un valore aggiuntivo di 27,2 miliardi di euro.
Le azioni del Governo sono sicuramente misure importanti e sosterranno il consolidamento dei comportamenti virtuosi in tema di pagamenti con strumenti cashless avviati dai cittadini durante questi mesi. Il punto di partenza, che può certamente costituire un fattore di accelerazione dei pagamenti elettronici, è la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione e della sua relazione con cittadini e imprese, in quanto consente di aumentare occasioni obbligatorie di pagamento digitale, seppure secondo un percorso graduale. Si potrebbe partire dagli esempi virtuosi ad oggi esistenti e dagli ambiti-chiave che attivano elevati volumi di pagamento e interessano la trasversalità dei cittadini per rendere omogenea la user experience nel momento del pagamento.
Tuttavia, la strategia attuata sui pagamenti elettronici non è la panacea per creare un Paese moderno e digitale. È certamente necessario investire in infrastrutture che abilitino i pagamenti elettronici.
In Italia sarà altresì importante spingere tali comportamenti con una forte azione di ingaggio e sensibilizzazione di cittadini e imprese, al fine di creare una education sul tema e definire gli strumenti operativi e concettuali necessari all’uso consapevole dei nuovi mezzi di pagamento; il tutto anche per prevenire eventuali frodi derivanti spesso dal comportamento inconsapevolmente “collaborativo” dei truffati.
Occorre poi agire sin da subito sul digital divide. Ci sono infatti persone che non hanno accesso a strumenti digitali e questo impedisce una piena diffusione della cultura digitale. La carenza di competenze digitali nei diversi ambiti, per cui l’Italia risulta tra i Paesi europei più in difficoltà, diventa una delle principali zavorre per la diffusione dei servizi digitali privati e pubblici, assumendo i caratteri di una vera e propria emergenza.
Per rafforzare la nostra economia e colmare i ritardi rispetto alle economie più avanzate, è necessario muoversi lungo un disegno strategico di riforme, già in parte tracciato, e cogliere le opportunità derivanti dal salto in avanti che si è compiuto in ambito digitale nei mesi della pandemia. Tutti i Paesi che crescono di più, sotto questo profilo, hanno infatti definito una visione di lungo periodo.
Occorre pertanto definire una visione strategica che consenta di mettere a sistema le azioni portate avanti dal Governo in questi ultimi anni e fissare obiettivi precisi e di medio-lungo termine.
Come accaduto in passato con progetti sistemici di impatto rilevante, è necessaria una strategia di avvicinamento e il changeover non può essere immediato. Ne è un esempio il progetto di passaggio all’Euro, per il quale dal trattato di Maastricht del 1992 alla effettiva adozione nel 2002 trascorsero 10 anni.
Grandi cambiamenti di sistema implicano una roadmap dettagliata e coesione nelle varie tappe tra tutti gli stakeholder attraverso incontri e lavori intersistemici. Solo così il digitale potrà essere il volano per far ripartire l’economia, mitigando gli effetti dello “tsunami” socio-economico che stiamo vivendo a causa della pandemia e del triste e cruento scenario di guerra che sta sconvolgendo la vita civile dell’Europa dell’Est.
[1] Simposio COTEC (Competitività Tecnologia Europa), Malaga, 17 novembre 2021
[2] Il DESI 2020 collocata l’Italia al 25° posto su 28 Paesi UE, compresa UK, tuttavia non è possibile fare un vero e proprio confronto con gli anni precedenti in senso assoluto perché nel 2021 la Commissione ha adeguato il DESI affinché rispecchiasse le due principali iniziative politiche che avranno un impatto sulla trasformazione digitale nell’UE nel corso dei prossimi anni: il dispositivo per la ripresa e la resilienza e la bussola per il decennio digitale.
[3] Il costo sociale degli strumenti di pagamento in Italia, Banca d’Italia, Marzo 2020