politiche di difesa

Politica di Difesa

La politica di difesa dell’Italia, in sinergia con la sua politica estera, dovrà meglio proteggere la sicurezza del Paese e promuovere gli interessi nazionali in un quadro cooperativo europeo e transatlantico, riflettendo i valori comuni alla base della Costituzione, dell’Unione Europea e in generale dell’Occidente.

L’Italia dovrà contribuire alla sicurezza collettiva dell’Europa, tramite la NATO e l’UE, in un contesto internazionale multipolare, teso e instabile in cui potenze quali Cina e Russia, ma non solo, portano avanti politiche aggressive a tutto campo. Un contributo in termini militari e tecnologici che andrà abbinato al rilancio dei negoziati diplomatici per la risoluzione delle crisi che proliferano, e peggiorano, dalla Libia al Medio Oriente, dal Caucaso a Ucraina e Bielorussia.

Si tratta di un arco di instabilità che investe direttamente la sicurezza nazionale e gli interessi dell’Italia, che per geografia, storia ed economia è strettamente interconnessa con la regione del “Mediterraneo allargato” comprendente Nord Africa, Sahel, Corno d’Africa, Medio Oriente, Mar Nero e Balcani. Aree nelle quali le forze armate italiane sono già impegnate in operazioni di gestione di crisi, contrasto al terrorismo o stabilizzazione, dal Kosovo al Libano all’Iraq, al dominio marittimo che vede un crescendo di tensioni anche nel Mediterraneo Orientale. Tali missioni andranno rafforzate ed inserite in strategie regionali più ampie e di lungo periodo, che combinino l’aspetto militare con quello diplomatico, di intelligence ed economico.

Nel contribuire alla stabilizzazione delle aree di interesse strategico, le forze armate italiane dovranno essere in grado di muoversi autonomamente e di assumere la leadership di interventi internazionali mirati, ma, ovviamente l’Italia dovrà puntare soprattutto a costruire uno sforzo militare comune nel quadro UE, NATO e di coalizioni ad hoc di Paesi interessati ad agire insieme.

Le minacce e i rischi per la sicurezza e gli interessi nazionali non hanno solo connotazione regionale, come dimostrato anche da terrorismo e pandemie. In particolare, il dominio cyber e quello spaziale sono cruciali tanto per l’economia e la società italiana, come per quella europea e mondiale, e sono quindi considerati strategici da alleati e avversari. Il Sistema-Paese italiano deve quindi investirvi e presidiarli, come fatto parzialmente nel campo spaziale, con una cabina di regia che metta a sistema gli assetti militari, quelli di intelligence e quelli in mano al settore privato a partire dall’industria dell’aerospazio, sicurezza e difesa. Il campo cibernetico e, in misura minore, quello spaziale vedono infatti una veloce e trasversale innovazione tecnologica spinta dal mercato civile, che va coniugata con le esigenze di sicurezza per mitigarne i rischi e coglierne le opportunità in un’ottica di resilienza complessiva.

In questi domini, come in altri ambiti di sviluppo e impiego delle capacità militari, l’Italia dovrà perseguire la massima integrazione europea accompagnata da una forte coesione transatlantica. Solo l’integrazione operativa e tecnologica con i maggiori Paesi UE e con le istituzioni dell’Unione potrà garantire infatti economie di scala e risultati adeguati alle sfide per la sicurezza nazionale. Tale politica di difesa necessita di investimenti pubblici adeguati in termini quantitativi, stabili nel tempo secondo una programmazione di medio-lungo periodo, inseriti in cooperazioni europee e transatlantiche, concentrati sulle priorità nazionali, e focalizzati sull’innovazione tecnologica e la prontezza operativa dello strumento militare. Quest’ultimo dovrà essere sempre più integrato a livello interforze, attraverso una serie di riforme mirate ad aumentarne efficacia, efficienza e sostenibilità nel tempo.

Componente essenziale della politica di difesa nazionale deve essere una nuova strategia industriale e tecnologica che valorizzi le aree di eccellenza tecnologica e industriale, e consenta l’inserimento del Sistema-Paese in alcuni mirati nuovi segmenti. A questo fine due primi obiettivi devono essere concretamente e tempestivamente realizzati:

  • La riorganizzazione della Direzione Nazionale degli Armamenti che, alleggerita degli impegni amministrativi e gestionali, possa muoversi agilmente nel complesso mercato internazionale della difesa cogliendo le occasioni di collaborazione con paesi amici ed alleati (in primo luogo i Paesi europei e gli Stati Uniti), di innovazione (soprattutto grazie ai fondi UE), di proiezione sul mercato internazionale (anche grazie agli accordi governo-governo il cui utilizzo resta ancora limitato).
  • La stabilizzazione degli investimenti della difesa attraverso una legge pluriennale che, sul modello di altri Paesi, consenta di dare maggiori certezze anche sul medio periodo alle forze armate e all’industria nazionale.

Contemporaneamente sarà indispensabile affrontare il problema del progressivo invecchiamento del personale militare, attraverso un ventaglio di misure che favoriscano l’utilizzo di un’aliquota significativa di giovani per un numero limitato di anni, reinserendoli poi nella società con la valorizzazione dell’esperienza acquisita.