Economia

Programma Economico

Europeisti

Cosa abbiamo davanti? Un paese difficile, difficile viverci, fare le cose più semplici, studiare, lavorare, fare figli, crescerli, figuriamoci poi se pensiamo ad aprire un’impresa e farla crescere, e orrore orrore, se pensiamo di aver sbagliato e doverla chiudere per avere l’opportunità di ricominciare daccapo con un’altra idea. Perché? Perché abbiamo uno stato che esige e che restituisce veramente poco e tardi ai suoi cittadini.

Un susseguirsi di crisi, il Covid, la ripresa improvvisa ed inaspettata della domanda che ha creato colli di bottiglia dal lato dell’offerta con conseguenti spinte inflazionistiche, poi aggravate dall’aumento del costo dell’energia a sua volta esacerbato dalle conseguenze dell’invasione russa dell’Ucraina ci trova impreparati. Anni di bassa crescita della produttività, infrastruttura istituzionale inadeguata, burocrazia lenta, basso reddito pro capite, salari reali stagnanti, debito pubblico a livelli esageratamente alti costituiscono un punto di partenza difficile nel tentativo di superare le crisi che abbiamo davanti. Crisi che se non adeguatamente gestite colpiranno le classi meno abbienti in maniera assai più pesante del resto della popolazione.

L’unica soluzione a nostra disposizione è cercare di migliorare crescita e produttività. Incrementare la dimensione della “torta” aumenta conseguentemente la dimensione delle “fette” da distribuire e quindi fornisce sollievo soprattutto alle classi meno abbienti.

Siamo stati fortunati ad avere un Presidente del Consiglio, Mario Draghi, che ci ha avviati sulla strada delle riforme e della modernizzazione del paese all’interno dell’agenda concordata con l’Europa del PNRR. Questa agenda va seguita senza esitazioni. Solo facendo questo ed integrandoci di fatto con l’Europa potremo avere la forza necessaria per il superamento delle gravi crisi che ci sono davanti. False soluzioni o scorciatoie non esistono.

Per essere pratici non esiste un grande spazio di manovra all’interno di questa agenda nel breve periodo, essendo gli specifici obiettivi e scadenza concordati con l’Europa già alquanto ambiziosi.

Nel breve periodo occorre tenere a mente che la situazione economica che abbiamo davanti prima delle elezioni è di gran lunga migliore di quella che ci troveremo ad affrontare nei prossimi mesi. Le ricette e soluzioni proposte ora potrebbero essere insufficienti o addirittura sbagliate per gestire la chiusura di imprese che non possono permettersi gli elevati costi energetici, per gestire i conseguenti flussi di disoccupazione, ed il calo della domanda dovuto a inflazione e caduta redditi medi.

La lungimiranza in politica vuol dire prevenire e non rincorrere i problemi senza guardare al futuro. In questo contesto ad esempio l’auspicato calmieramento dei prezzi dell’energia non pare la soluzione più adatta in primis perché facilmente raggirabile e disincentivante per il necessario risparmio energetico. Meglio sarebbero politiche precoci e chiare sul razionamento dell’energia fatte con visione strategica accompagnate da aiuti alle famiglie indigenti e imprese in difficoltà come sostegno di liquidità attraverso garanzie e trasferimenti per i grandi consumatori da valutare caso per caso. La tassazione degli extra profitti (concetto alieno in economia) è ingiusta, inutile e dannosa. Nel medio e lungo periodo i prezzi devono restare il miglior strumento per incentivare il risparmio energetico e comportamenti virtuosi. La chiave è: Aumentare la produzione di gas italiana utilizzando impianti già esistenti, stimolare gli investimenti in energie rinnovabili e svegliarci dal solito torpore e abbandonare comportamenti antiscientifici abbracciando le tecnologie nucleari, la cui crescita  è indispensabile per raggiungere i target Net Zero del 2050, e la cui produzione e stata finora lasciata nelle mani di Russia e Cina. Lo sviluppo di Small Modular Reactors in particolare (minori costi, maggiore sicurezza e scalabilità) va preso in seria considerazione incentivandoli senza esitazione.

La linea guida nel medio periodo è a nostro avviso rimuovere gli ostacoli a investimenti e crescita del settore imprese per poter scatenare quegli aumenti di produttività di cui l’Italia non ha finora goduto ma che ha il potenziale di raggiungere.

La creazione di posti di lavoro in maniera sostenibile deve necessariamente venire dal settore privato in un paese in cui lo stato già intermedia una notevole quota dell’occupazione.

Permettere con facilità la creazione di nuove imprese, lo sviluppo di quelle esistenti e l’uscita ordinata di imprese decotte ha il potenziale di creare occupazione ed aumentare la produzione. L’esempio dell’economia irlandese che da una delle più povere d’Europa si trasformò in una tigre deve essere di ispirazione.

L’Italia è il paese delle piccole imprese, e nonostante siamo vissuti nel dogma di small is beautiful, esse contano meno di un terzo del PIL. Stimolarne la crescita per poter competere in un mondo globale è necessario. L’attuale regolamentazione in materia del lavoro è uno dei tanti ostacoli che impediscono la crescita e va rivista.

Investire pesantemente nell’educazione per creare una forza lavoro altamente specializzata è chiave per la modernizzazione dell’economia e l’attrazione di investimenti. La ristrutturazione del sistema educativo per adeguarlo alle esigenze di un’economia in crescita che vive in un mondo globale in cui i parametri si evolvono e non sono statici è necessario per affrontare la piaga della disoccupazione giovanile e dei NEET. Un maggiore focus verso materie scientifiche e tecnologiche ed uno sforzo perché la scuola stimoli capacità analitiche negli studenti sono essenziali perché i nostri giovani possano essere la linfa vitale di un’economia crescente.

Interventi mirati ad incentivare la mobilità del lavoro sia nel settore privato che pubblico, e a stimolare una maggiore partecipazione femminile nella forza lavoro hanno il potenziale di aumentare strutturalmente la produttività e ovviare almeno in parte ai colli di bottiglia che attualmente strozzano la nostra economia.

Ognuno di noi ha diritto di studio, lavoro e crescita sostenuto da sistemi di retribuzione e incentivi basati sulla meritocrazia e, laddove il mercato fallisca nel garantire tali meccanismi, dell’utilizzo di misure temporanee ad hoc per aiutarne il buon funzionamento.

Pensare ai flussi migratori come un’opportunità e non una minaccia porterebbe sollievo alle nostre imprese che attualmente non riescono a riempire posti di lavoro per la mancanza di offerta. Regolamentazione dei flussi in entrata, e addestramento ove necessario, sono i presupposti per il godimento di questa risorsa e per l’integrazione degli immigrati.

Auspichiamo una modernizzazione del sistema finanziario, con la semplificazione della regolamentazione per le FinTech e start-ups attualmente estremamente punitiva, per renderlo competitivo in un mondo che a nostra insaputa ha fatto passi da gigante ma anche e soprattutto per stimolare la concorrenza all’interno del settore in Italia beneficiando i clienti finali, famiglie e imprese.

L’attuale collaborazione tra banche regionali con alcune Fintech illustra come si possa combinare la specializzazione territoriale con una più moderna offerta di prodotti finanziari di qualità evitando un appiattimento dei servizi offerti che risulterebbe dal processo di consolidamento già avviato delle banche regionali con banche di maggiore dimensione.

Vediamo il ruolo dello stato come buon regolatore nell’interesse e tutela dei diritti dei cittadini e per il funzionamento ordinato dell’economia.

Proponiamo una semplificazione del sistema fiscale in cui non vi siano distinzioni “etiche” sulle varie fonti e tipologie di reddito, una fascia di reddito esentasse, eliminazione di deduzioni ed esenzioni e riduzione del numero delle aliquote. Proponiamo incentivazioni fiscali per i risparmiatori che vogliano investire in imprese italiane, taglio IRAP, detassazione completa degli utili di impresa reinvestiti, riduzione del cuneo fiscale.

Crediamo nella necessità di un costante riallineamento e razionalizzazione della spesa pubblica, adeguandola alle esigenze di un’economia che vuole crescere e cambiare per restare competitiva. Inutile promettere mance e bonus ai cittadini se lo stato non può permetterseli oberando le future generazioni che ancora non votano. Sbagliatissimo rincorrere i voti dei 50-60enni con promesse di pensioni giovani e ricche.

La maggior parte delle nuove pensioni è basata sul sistema retributivo ed è a ripartizione. In altre parole vanno in pensione persone che non hanno versato sufficienti contributi per coprire le proprie pensioni future e i cui contributi correnti sono allocati a pagare le pensioni di chi attualmente è pensionato. In un paese con crescita demografica negativa (aggravatasi ulteriormente dopo il Covid) la dipendenza dei pensionati dai lavoratori correnti si acuirà velocemente. La soluzione per evitare soluzioni punitive come ad esempio età pensionabili via via crescenti è di affidarsi ai flussi migratori gestendoli al meglio che in pratica vuol dire accogliere chi è disposto a lavorare e far figli.

Siamo consapevoli dell’elevato numero di persone in situazione di disagio economico e povertà. In un contesto di inflazione e alto costo dell’energia sono le famiglie meno abbienti a pagare uno scotto più salato. In questo contesto è ingiusto proporre bonus e sconti in bollette indiscriminatamente rispetto al reddito e patrimonio familiare. Proponiamo strumenti adeguati di welfare per il sostegno laddove ci sia bisogno, che non vadano confusi o fusi con sussidi di disoccupazione e la cui elargizione vada monitorata adeguatamente.

Maggiori fondi per la ricerca sono infine necessari per portarci almeno al livello delle altre economie europee.

Il sistema sanitario italiano, spesso elogiato come il migliore al mondo, è in realtà caratterizzato da una notevole disuguaglianza nell’offerta e nella qualità delle prestazioni. Una maggiore possibilità di intervento dello stato nella sanità pubblica sopra le regioni non soltanto in situazioni di crisi estrema è auspicabile.

Come pagare per questo? In un paese con un debito pari al 150% del PIL promettere misure senza valutarne i costi e assicurarsene la relativa copertura sarebbe sconsiderato e aprirebbe problemi seri con l’Europa. Non proporremo scostamenti di bilancio e siamo a favore di un percorso ordinato e graduale di riduzione del debito.

Non vendiamo illusioni ma proponiamo un sogno, e la strada da seguire per farlo diventare realtà è fortunatamente per la maggior parte già scritta.