Progettazione, Appalto e Costruzione

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Progettazione, Appalto e Costruzione

Alcune proposte per semplificare e rendere più efficace la realizzazione degli interventi infrastrutturali in Italia.

La programmazione degli interventi per strade e ferrovie in Italia nei prossimi anni deve a nostro avviso tenere conto dei seguenti scenari che sono andati rafforzandosi negli ultimi tempi:

  • Una domanda di mobilità debole. La due grandi crisi del 2008 e del 2020 hanno ridotto drasticamente diverse tipologie di spostamento. Questa riduzione è in ultima analisi quasi sempre riconducibile al grande sviluppo dei sistemi di comunicazione digitale, sia quando questi sono sostitutivi dei rapporti personali in presenza sia quando facilitano le comunicazioni e lo scambio di informazioni in ambito produttivo. In Italia ed in altri paesi sviluppati il calo demografico e l’efficientamento dei processi produttivi hanno avuto un effetto deflattivo che non ha risparmiato la mobilità. Lo stesso non è ovviamente vero per la maggioranza del mondo ancora in fase di sviluppo.
  • Le risorse disponibili in Italia per le infrastrutture saranno limitate dalla necessità di affrontare e risolvere il problema del debito pubblico. In tutti i periodi di crisi economica a partire dal ‘92-93 lo stato Italiano ha dovuto tagliare gli investimenti infrastrutturali per far fronte alle esigenze di spese di altri settori di assistenza diretta alle persone, quindi stipendi, pensioni e welfare. Ipotizzare che si riesca a cambiare drasticamente le cose è altamente improbabile e quindi è da mettere in conto una disponibilità per investimenti infrastrutturali contenuta.
  • La rete infrastrutturale italiana è molto estesa e di buon livello, il solo onere manutentivo dell’esistente richiede una spesa per conservazione e rinnovamento che è andata crescendo negli anni e di cui solo recentemente si è presa pienamente coscienza. Si pensi che la manutenzione ordinaria dovrebbe assorbire non meno dello 0.5% del loro valore delle opere esistenti a cui aggiungere ancora almeno l’1% per il rinnovamento delle opere che arrivano a fine vita utile. Sono numeri enormi tenendo conto che abbiamo un patrimonio infrastrutturale veramente ricco e diffuso capillarmente sul territorio: siamo stati i primi al mondo a fare le strade!

Sulla base di queste premesse si dovrà individuare una allocazione delle risorse che, al netto della spesa per mantenimento dell’esistente, possa migliorare la mobilità di merci e persone a favore di quelle aree il cui sviluppo è tutt’oggi frenato dalla mancanza di collegamenti efficaci. Non è questa la sede per una disanima delle priorità, importante è individuarne un numero ragionevole per i quali si disponga di risorse certe.

Ma l’efficacia di un piano infrastrutturale dipende in larga parte dalla efficacia della sua attuazione, che nel caso dei lavori pubblici non è mai scontata in quanto si tratta sempre di opere prime che come tali non sono esenti da difficoltà di realizzazione impreviste. Per ottimizzare le risorse disponibili tre sono i punti su i quali si deve concentrare l’azione politica di rinnovamento.

Il primo punto da dover affrontare è quello relativo alla progettazione da mettere a base di gara. In Italia la legislazione è cambiata più volte negli ultimi decenni. L’ultima versione insiste perché si bandiscano i lavori con una progettazione Esecutiva, ovvero con una progettazione che teoricamente ha un dettaglio tale da essere sufficiente a realizzare il manufatto senza ulteriori approfondimenti. Si è pensato che appaltando i lavori con la Progettazione Esecutiva si riducessero i contenziosi ed i maggiori oneri associati ad una progettazione a base di gara che non fosse sufficientemente consolidata o esatta. Si è confuso dettaglio con validità del progetto, una ingenuità veramente imperdonabile che però sta comportando una serie di diseconomie piuttosto pesanti. Andare in gara con un progetto Esecutivo secondo i dettami della normativa vigente è del tutto utopistico, fuorviante ed in definitiva, il più delle volte ma non sempre, dannoso.

Un progettista non è in grado di dettagliare un opera di ingegneria di alcune decine di milioni uno/due anni prima che un costruttore si aggiudichi l’appalto ed inizi ad eseguire i lavori con macchinari e le altre tecnologie di cui dispone. Un progettista può e deve definire compiutamente l’opera da realizzare e stimarne il costo con ragionevole prudenza. Sarà il costruttore a dover verificare quanto prudente è stata la stima dei costi e quindi quali margini di ribasso ci siano fermo restando che il manufatto da realizzare deve avere quelle specifiche formali e prestazionali inderogabili.

Oggi invece facciamo 2 progetti, un Definitivo ed un Esecutivo, le amministrazioni pagano per i 2 progetti, che a volte vengono sviluppati da soggetti differenti, si mette quindi a gara un progetto che vuole essere dettagliato, esaustivo e inderogabile ma che verrà poi spesso disatteso in tutto o in parte: insomma una grande spreco.

E necessario riconoscere l’errore e definire una volta per tutte un livello di progettazione da mettere in gara che sia meno dettagliato ma abbia le caratteristiche sufficienti a definire compiutamente l’opera dal punto di vista tipologico e prestazionale, come del resto si fa in tutto il resto del mondo: gli anglosassoni lo chiamano, con grande pragmatismo e semplicità, il Tender Design.

Il secondo punto dove intervenire è quello del sistema di garanzie fideiussorie. Si dovrebbero imporre meno fidejussioni – se ne richiedono una stupida enormità anche quando se ne potrebbe fare tranquillamente a meno – ma quelle effettivamente necessarie devono essere escutibili in tempi rapidi e certi in modo da disincentivare contenziosi strumentali e disporre di fondi per proseguire i lavori e si deve esercitare tale potere in un numero di casi maggiore come si fa correntemente in tutto il resto del mondo: è la sola strada in avanti.

Dato che in Italia c’è un problema di sottocapitalizzazione delle imprese e di difficoltà di credito, se imponessimo fidejussioni bancarie avremo sicuramente un restringimento della platea dei partecipanti alle gare ma si metterebbe in moto un sistema oggi bloccato. L’operazione potrebbe dare una mano al sistema bancario che aumenterebbe gli affidamenti entrando in un mercato che deve per definizione essere liquido, “cash”, e non un via preferenziale di ingresso al contenzioso.

Chiaramente, se questo avvenisse, si avrebbe un effetto immediato su i ribassi delle offerte che scenderebbero per fattorizzare un rischio concreto di perdita economica. In pratica si sposterebbe sul cliente parte del rischio di impresa ed i costi fideiussori associati. Banche ed Imprese chiamerebbero lo stato a finanziare le loro attività in cambio di un comportamento diligente. Si otterrebbe insomma quell’aumento della spesa per investimenti infrastrutturali che è tanto auspicata da tutti. Se dai ribassi del 30% che troviamo in molti casi si scendesse al 10% si otterrebbe un aumento pari a circa il 30% della remunerazione (90/70 = 1.3) dei lavori, questo accelererebbe molto lo svolgimento degli stessi e si potrebbe quindi spendere più in fretta i fondi previsti nei bilanci dello degli Enti Appaltanti.

Il terzo ed ultimo punto, sicuramente quello più delicato, è relativo alla giustizia amministrativa. In ultima istanza nei lavori pubblici è fondamentale saper gestire il contenzioso, che ovviamente non può essere eliminato del tutto. In Italia la Giustizia Amministrativa non è però immune dalla solita asfissiante ipocrisia che ne mina alla radice il buon funzionamento.

In effetti, la Giustizia Amministrativa riesce oggi a dare una risposta efficace in tempi abbastanza ragionevoli quando si esprime sulla sospensiva cautelare. Il giudizio di merito con tutte le implicazioni relative alle eventuali sanzioni e risarcimenti impiega invece lustri; è di fatto inesistente perché troppo intempestivo.

Prendiamone atto, istituzionalizziamo un tipo giudizio amministrativo che si esprima solo e definitivamente rispetto all’annullamento di una certa procedura amministrativa o atto, con compensazione delle poche spese. Ad esempio, se qualcuno presenta ricorso per una gara che reputa sia stata viziata, il TAR si potrebbe esprime solo e secco sull’annullamento della stessa ovvero sulla sua convalida. Nel caso di annullamento andrebbe semplicemente rifatta con alcuni accorgimenti/precauzioni/verifiche. Si eliminerebbe tutto il lavoro inutile e tardivo del giudizio di merito liberando molte risorse e si ridurrebbero i ricorsi strumentali e quelli basati su ridicoli vizi formali in quanto l’eventuale annullamento riguarderebbe tutta la procedura e non la sola aggiudicazione obbligando a rifarla ex-novo ed escludendo quindi che a beneficiarne possano essere altri concorrenti onde evitare di assistere impotenti ai ricorsi sistematici che i secondi e terzi arrivati intentano per provare a far saltare il primo e aggiudicarsi quindi il lavoro.

La stessa giustizia amministrativa potrebbe beneficiare infine di un rafforzamento di organico con ruoli tecnici, in questo caso ingegneri, che permettano di istruire le cause rapidamente e con competenza senza ricorre ad esternalizzazione. Si potrebbero spostare molte professionalità che oggi gravitano intorno alle procedure approvative ministeriali su questi nuovi ruoli di supporto alla giustizia amministrativa. I professionisti sarebbero gratificati da questo ruolo di aumentata responsabilità rispetto a quello di controllo di progetto dove spesso non hanno le competenze specialistiche richieste tanto che questo ruolo in tutto il mondo viene esternalizzato a società apposite di verifica e certificazione.

Quanto discusso precedentemente non si applica alle grandi opere che in Italia sono generalmente realizzate con procedure ad hoc, dal general contractor al modello commissariale di Genova. La realizzazione di questi interventi è solitamente più efficace ma le specificità di queste procedure non sempre possono essere estese tout court a tutte le opere pubbliche. In estrema sintesi:

  • Questi progetti sono realizzati da imprese grandi che hanno una maggiore capacità organizzativa e gestionale rispetto a quelle di piccola taglia. La tendenza verso un aumento delle dimensioni di impresa è probabilmente ineluttabile ma non necessariamente da incentivare a spada tratta.
  • I lavori sono appaltati insieme alla progettazione: questo permette di pianificare e condividere i dettagli costruttivi tra impresa e cliente fin dall’inizio. È senz’altro una procedura da estendere anche ai progetti di importo minore.
  • Si può contare su tutta una serie di canali privilegiati ed esenzioni rispetto alle procedure approvative, amministrative e legali correnti. Chiaramente non si può riformare pubblica amministrazione e giustizia civile/amministrativa solamente esautorandole, quindi le soluzioni commissariali possono essere l’eccezione ma non la regola.
  • I lavori che sono realizzati hanno una redditività superiore, in alcuni casi molto superiore, a quella delle opere medio-piccole e questo agio, inutile dirlo, facilita tutto il processo. Questo agio è ottenuto perché l’affidamento non si basa su di un asta al massimo ribasso dove la mancanza di una fidejussione immediatamente escutibile al primo tentativo di sfondamento del budget dell’impresa aggiudicataria incentiva offerte troppo basse .