Servizi professionali
Nella ampia categoria sono compresi talmente tanti profili professionali e tipologie di strutture da rendere quasi impossibile una strategia comune.
Nel 2018 il CUP (Comitato Unitario Permanente degli Ordini e Collegi Professionali) ha pubblicato il 2° Rapporto sulle Professioni Regolamentate in Italia. I dati utilizzati qui derivano da quel Rapporto.
I dati di partenza sono pochi e chiari: i professionisti in Italia sono circa 2,3 milioni, producono circa il 6% del PIL e danno lavoro a circa 3 milioni di persone.
Dimensioni importantissime, ma non descrivono fino in fondo il ruolo cruciale che le professioni ordinistiche svolgono per il Paese.
È dalle professioni che il Paese trae il principale bagaglio di conoscenze a supporto dell’evoluzione del sistema economico produttivo.
Sono i professionisti che costituiscono il primo e principale schermo e filtro di legalità. Sono sempre i professionisti che prestano competenze e risorse alla Pubblica Amministrazione facendo risparmiare almeno 2 miliardi di euro l’anno (si pensi ai commercialisti nei confronti dell’Amministrazione finanziaria per la gestione informatica delle posizioni fiscali, agli avvocati nei confronti dell’amministrazione della giustizia per il funzionamento del processo civile telematico, ai consulenti del lavoro per la gestione delle pratiche contributive).
Le professioni sono in crisi e questa crisi va risolta nel breve termine se non si vogliono perdere questi contributi allo sviluppo del Paese.
La crisi è di identità, economica e di prospettive.
Già oggi i giovani avvocati sono sovente “al limite dell’indigenza” (vedi il citato Rapporto p.13). Rischiamo di perdere le nuove generazioni e di veder di fatto sparire le professioni ordinistiche nel medio periodo.
Nella prospettiva triennale che qui ci poniamo, il primo intervento è fiscale.
Va aumentata la soglia limite per il regime forfetario. Gli attuali 65.000 euro, pur essendo in linea con la media reddituale delle categorie, andrebbe rimodellato sia per consentire un “atterraggio morbido” a chi supera il limite, in modo che non si crei l’effetto perverso dell’evasione o elusione fiscale per i professionisti che sfiorano il limite di reddito sia per allargarne la platea dei beneficiari anche a professionisti con maggiore redditualità e anzianità, che sono penalizzati dalla frequente indeducibilità (o limitata deducibilità) dei costi sostenuti per l’esercizio della professione (es. spese di rappresentanza, vettura, ecc.). Nell’ambito dell’ormai ineludibile riforma fiscale andrà studiata una rimodulazione delle aliquote e dei costi ed oneri deducibili, il che avrà un immediato e rilevante impatto sulla propensione al consumo.
La previdenza di categoria andrà conservata e protetta e tutelata, creando anzi strumenti di previdenza integrativa volontaria a disposizione sia dei giovani professionisti sia degli studi professionali, per offrire ai giovani che si avvicinano alla professione una prospettiva di sicurezza previdenziale almeno paragonabile a quella offerta dalle aziende alla dirigenza.
Poiché è inevitabile che la dimensione media delle strutture professionali vada crescendo passando dalla dimensione quasi unipersonale del passato a strutture multi-professionali con numerosi soci e professionisti, va rivisto in senso agevolativo il regime fiscale delle società tra professionisti e i vincoli regolatori all’attività professionale multidisciplinare.
L’utilizzo delle nuove tecnologie nella professione sarà sempre più importante, ma va evitato che la digitalizzazione e l’utilizzo dell’intelligenza artificiale creino un digital divide e causino dispersioni di competenze. A questo proposito uno sforzo rilevante dell’amministrazione pubblica, attraverso gli Ordini professionali dovrà essere fatto per diffondere formazione, strumenti e tecnologie, creando incentivi anche fiscali all’acquisto di hardware e di software e alla formazione dei professionisti e del personale.